Le nostre

proposte

Salario Minimo Legale

 

L’Italia è diventata una Repubblica fondata sul lavoro povero perché le lavoratrici e i lavoratori non riescono a soddisfare i loro bisogni vitali.

4 milioni di lavoratori guadagnano meno di 1000€ al mese (dati ISTAT), una paga inferiore al minimo accettabile, e non sono tutelati pur lavorando in condizioni di precarietà e di sfruttamento.

Per questo proponiamo l’introduzione del salario minimo (come raccomanda anche l’ILO) che definisca una soglia minima legale al di sotto della quale a nessuna lavoratrice e a nessuno lavoratore può essere chiesto di lavorare.
Questa misura, che sarà tra le nostre prime proposte di legge, tutela la dignità dei lavoratori e garantisce loro un’autonomia socio-economica.

Il lavoro dignitoso è un diritto che permette di bastarsi, di superare ostacoli e di non sentirsi esclusi o marginalizzati.

È ora che il lavoro diventi centrale nelle decisioni pubbliche e che il lavoro diventi un diritto effettivo per tutti.

Patente del cibo

L’altra faccia della filiera agroalimentare.

La filiera agroalimentare è settore fondamentale dell’economia del nostro paese. Dà lavoro ad oltre 4 milioni di persone e produce eccellenze per la quali siamo riconosciuti e apprezzati in tutto il mondo. Purtroppo esiste anche l’altra faccia della medaglia, quella che in molti non vogliono vedere: lo sfruttamento della filiera agroalimentare e il caporalato. A fare le spese di questi due fenomeni sono le condizioni di vita delle donne e degli uomini che trovano lavoro in questo settore.

Crediamo che sia necessario un grande progetto di riforma di tutta la filiera agroalimentare, dalla semina al raccolto, dai braccianti ai coltivatori diretti, dai consorzi alla grande distribuzione. Una riforma che garantisce ai lavoratori e alle lavoratrici dignità, diritti, salari, giusta remunerazione del prodotto, qualità e certificazione.

La Patente del Cibo, di cosa si tratta?

In questa cornice di riforma proponiamo di inserire anche la Patente del Cibo, un’indicazione in etichetta per attestare che un prodotto è stato coltivato, raccolto, trasformato e trasportato nel rispetto dei diritti dei lavoratori, in totale assenza di sfruttamento della manodopera.

Come possiamo rendere la Patente del Cibo realtà?

Il processo per la creazione della Patente del Cibo partirebbe dalla creazione di un programma di partnership promosso dal Ministero dell’Agricoltura, che coinvolgerà agricoltori, braccianti, sindacati, e aziende alimentari al dettaglio. Questi portatori di interesse, si riuniranno per definire un “Codice di condotta” che delinei tutte le tutele per i lavoratori agricoli, lungo tutta la catena del cibo.

L’adesione alla Patente del Cibo, in un primo momento potrà avvenire su base volontaria da parte delle aziende, incoraggiandole attraverso premi o sgravi fiscali.

Le aziende che accettano di partecipare a questa partnership, saranno sottoposte a controlli periodici per la valutazione di allineamento con le regole concordate.

Made in Italy, non più solo certificato di qualità ma anche di giustizia sociale.

La Patente del Cibo, rappresenterà il primo passo per stabilire standard più alti di tutela dei lavoratori agricoli, anche a livello europeo. Conferirà ulteriore valore al made in Italy, non più solo simbolo di eccellenza in termini di qualità, ma anche in termini di giustizia sociale.

 

Ambiente

Con questa proposta intendiamo rispondere a tre grandi sfide che riguardano il nostro tempo: povertà energetica, mancanza di alloggi popolari e transizione energetica.

Povertà energetica, cos’è?

Secondo l’Oipe, almeno 3,5 milioni di famiglie vivono in condizioni di povertà energetica, cioè non hanno accesso ai servizi fondamentali, quali riscaldamento, illuminazione e gas per cucinare. Tutte condizioni necessarie a garantire uno standard di vita dignitoso. Si tratta di una situazione già da oggi allarmante, che verrà aggravata dai rincari in bolletta dei prossimi mesi.

Edilizia sociale, i deficit delle politiche abitative in Italia.

Secondo Nomisma, in Italia, mancano 200 mila alloggi nei piani di edilizia residenziale pubblica. Inoltre, oltre 700 mila delle abitazioni oggi esistenti, versano in condizioni degradanti dal punto di vista dell’efficienza energetica per via dello scarso isolamento termico o sistemi di riscaldamento inadeguati.

Un piano di edilizia sociale a zero consumi, di cosa si tratta ?

Davanti queste problematiche avanziamo una proposta: un piano di edilizia residenziale pubblica a zero consumi, in grado di conciliare giustizia sociale e climatica. In questo modo intendiamo sopperire alla mancanza di alloggi popolari, creando abitazioni efficienti dal punto di vista energetico, dotate di impianti per la produzione di energie rinnovabili. Un modo per garantire il diritto alla casa che permetta al paese di progredire negli obiettivi della transizione energetica.

Quanto costerebbe il piano di edilizia sociale?

Secondo le stime del Domani, per realizzare entro il 2030 500 mila alloggi con queste caratteristiche, verrebbero utilizzati 4 miliardi di euro all’anno, molto meno di quanto speso per il Super Bonus. I vantaggi dal punto di vista energetico e sociale sarebbero in questo caso più facilmente misurabili, così come le ricadute positive in termini di creazione di posti di lavoro.

Reddito di esistenza

Che cos’è il lavoro povero?

L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro povero. Sono 4 milioni le persone che percepiscono uno stipendio mensile inferiore ai mille euro.

Quattro milioni di lavoratrici e lavoratori che non hanno la possibilità di emanciparsi attraverso l’attività lavorativa e che, a volte, non riescono neanche a sopravvivere perché la retribuzione che percepiscono non è “proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro svolto” e neanche “sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”, come vorrebbe la nostra Costituzione.

La libertà e la dignità dell’essere umano, che non passano più dal lavoro, devono quindi essere riconosciute come diritto fondamentale di ciascuna e ciascuno.

Come garantire libertà e dignità alle persone senza renderle dipendenti dal lavoro?

Per farlo, è necessario introdurre un reddito minimo universale e incondizionato, scollegato dal lavoro, fondato sul principio democratico di uguaglianza sostanziale, capace di dare dignità all’esistenza umana: una proposta che abbiamo chiamato Reddito di esistenza.

Reddito di esistenza significa libertà sostanziale che consente a tutti, soprattutto alle fasce più deboli, di poter decidere come meglio spendere la propria esistenza (lavorando, formandosi, dedicandosi alla cura di familiari bisognosi, dedicarsi ad attività utili per la comunità).

Ma Reddito di esistenza significa anche permettere al lavoratore di essere in una posizione di maggiore forza nella contrattazione dello stipendio e delle condizioni lavorative.

 

Cittadinanza

 

Nel nostro Paese esistono 1,3 milioni di persone che sono italiane a tutti gli effetti, ma non per la legge.

Questo a causa di quello che consideriamo un cortocircuito legislativo per il quale ragazze e ragazzi che nella maggior parte dei casi sono nati qui, parlano perfettamente italiano, si sono laureati in Italia e lavorano in Italia, non si vedono riconosciuto il diritto alla cittadinanza.

Sono invisibili, un gruppo sempre più numeroso di persone sospeso in un limbo identitario, senza diritti e senza rappresentanza.
ORA, è tempo che la politica faccia scelte coraggiose. Sono troppi e tanti i ritardi che ha avuto il riconoscimento della cittadinanza nel nostro Paese.

Per queste persone che consideriamo nostri concittadini a tutti gli effetti,

Chiediamo l’ampliamento dello “Ius Soli” presente nel nostro ordinamento, estendendolo a chi nasce in Italia.

Chiediamo che la cittadinanza italiana sia riconosciuta a tutti i minori che arrivano in Italia.

C’è un pezzo di Paese che oggi non è considerato, ma che ha tutto il diritto di essere riconosciuto.

 

Immigrazione

 

Riformare le Leggi sull’Immigrazione in ottica sociale e non sicuritaria:

 

1. Abolire la Bossi-Fini, istituita nel 2002, perché crea illegalità e sfruttamento;

2. Abolire i Centri di Permanenza per Rimpatri (CPR), istituiti con il decreto-legge 13 del 2017 e nati nel 1998 come Centri di Permanenza Temporanea (CPT) e successivamente definiti Centri di identificazione ed espulsione (CIE) nel 2002. Si tratta di prigioni per migranti innocenti e solo colpevoli di non aver un permesso di soggiorno, violando così l’articolo 13 della Costituzione.

3. Cancellare il memorandum Italia – Libia del 2017;

4. Abrogare i Decreti Sicurezza del 2018 perché hanno distrutto il sistema di accoglienza -che deve essere riformato in ottica sociale e non affidato alle forze dell’ordine- rendendo il percorso di inserimento socio-lavorativo dei richiedenti asilo molto difficile, creando molta disoccupazione e chiudendo molte realtà virtuose del terzo settore;

5. Rilasciare un permesso di soggiorno a tutti gli invisibili per ridare dignità alla persona umana.